Il governo dei professori l'abbiamo sperimentato, adesso si voti
Ora basta, non se ne può più di sentire
ogni giorno enunciare che la crisi volge al termine, che si intravede una luce
in fondo al tunnel, ma quando? Di sentire che la classe dirigente di questo Paese
si rivolge ai nostri figli definendoli bamboccioni, sfigati, choosy (esigenti,
difficili) incapaci di trovarsi un lavoro e rendersi indipendenti dalla
famiglia, di sentir dire che cambiare lavoro è bello: ma quale lavoro? I nostri figli non hanno genitori importanti in
grado di assicurare loro una fulminea carriera, una cattedra o altro incarico
lautamente retribuito, i nostri figli non hanno il Papi con la “fabbrichetta”. Di
sentire che gli stipendi dei parlamentari, dei consiglieri regionali e provinciali, dei funzionari statali, dei
dirigenti di pubbliche amministrazioni non si possono tagliare. Di venire a
conoscenza che ognuno di costoro siede in più consigli di amministrazione senza
che si adombri, per loro, il conflitto di interessi. Molti, troppi, intascano ogni
mese quanto un lavoratore in un anno, altri quasi quanto un lavoratore in dieci
anni, altri ancora, ogni giorno, quanto un pensionato al minimo percepisce in
un mese. Ed è palese che gli organismi
preposti a valutare la legittimità della proposta di riduzione degli emolumenti
di politici, magistrati, dirigenti e funzionari, avendo loro stessi gli stipendi
legati a quelli dei personaggi sopra citati, non si esprimeranno mai con
valutazioni tali da autorizzarne la diminuzione; sarebbe come se il tacchino
proponesse di anticipare il Natale. Ora basta, non se ne può più di vedere che
in ogni partito o movimento i falchi si fanno colombe e viceversa, ognuno si
posiziona nell’area politica in cui spera di trovare, alle prossime elezioni, riconferma
o accoglienza nelle liste che verranno presentate dai vari partiti. Basta sentire
i vari protagonisti politici ingiuriare e denigrare chi non la pensa come loro,
magari aizzando le folle nelle piazze in cui si presenta, leggere sui
quotidiani schierati odiosi titoli contro l’avversario politico. Ora basta,
ricordiamocene sul serio, alle prossime elezioni quando saremo chiamati a
votare, di tutti questi personaggi che hanno portato l’Italia nel baratro e adesso
si ripropongono come uomini del rinnovamento. Ora basta non ne possiamo più di
dover andare dietro agli umori di quei monarchi, condottieri di movimenti e
partiti che da decenni regnano e calcano indisturbati la scena politica razziando
tutto ciò che gli è stato possibile. Questi professoroni, questi super esperti
buoni per tutte le stagioni che troviamo ovunque in politica lasciamoli a casa e
voltiamo pagina.. E mi rivolgo a quel cinquanta per cento circa di persone che schifate
da questa classe politica non si reca più alle urne. Non restiamo inerti, alziamoci
in piedi con uno scatto di orgoglio e dedichiamoci noi stessi alla politica,
incontriamoci formiamo una rete di cittadini per sostenere la buona politica, non
dell’antipolitica, poiché sono certo che in Italia c’è tanta brava gente (a prescindere
dall’età anagrafica) che vorrebbe fare qualcosa per il proprio Paese,
ricordandoci che siamo noi stessi i responsabili del nostro futuro e del nostro
destino.
Azzardare giudizi sull’opportunità di modificare l’articolo 18 dello statuto dei lavoratori - licenziamento per giusta causa o giustificato motivo - di questi tempi comporta rischi simili a quelli che si corrono percorrendo un sentiero montano molto friabile. Mi sono sempre speso, in qualità di sindacalista libero da condizionamenti politici e ideologici di ogni genere, affinché il lavoro non venisse mai meno, nella ferma convinzione che i diritti si possono tutelare solo quando il lavoro c’è per cui vorrei proporre una riflessione quale punto di partenza per sviluppare una più ampia e approfondita discussione. Accordare in via straordinaria un più esteso impiego dell’articolo 18 a quelle aziende che si trovano in documentate gravi difficoltà economiche è un tema su cui si dovrebbe evitare di porre veti ideologici che non conducono da nessuna parte. Tuttavia, penso che dovrebbero poter utilizzare l’estensione dell’articolo 18, senza effetto di retroattività per salvaguardare chi oggi si trova fuori dal ciclo produttivo, solo le aziende in grado di provare che negli anni precedenti hanno presentato bilanci attivi. Al fine di evitare la stabilizzazione del precariato, occorre escludere anche le aziende che si avvalgono quasi unicamente di lavoratori con contratto a tempo determinato o a progetto e reiterano nel tempo questa pratica; con la sola variante dell’avvicendamento dei soggetti impiegati; così come vanno escluse quelle aziende che hanno già delocalizzato all’estero la produzione. Quanto sopra non prima di aver ridotto i vergognosi sprechi e costi della politica e non prima di aver eliminato le decine di migliaia di auto blu. Non prima di aver svincolato le migliaia di agenti delle forze dell’ordine addetti alle scorte, le quali andrebbero concesse solo a poche decine di alte personalità dello stato e non a mezza Italia. Queste persone che oggi si avvalgono del servizio scorte, riscuotono benefit per noi inimmaginabili e percepiscono, ogni anno, compensi milionari che noi cittadini della strada non incasseremo nemmeno in una intera vita di lavoro, dunque se desiderano la scorta personale se la paghino. Con queste operazioni di “pulizia” a costo zero, si otterrebbero almeno due effetti immediati 1°) gli agenti liberati da questa incombenza potrebbero così rientrare nei rispettivi corpi di appartenenza ed essere impiegati per la lotta alla criminalità 2°) se ne otterrebbe un immediato risparmio delle spese di gestione di questo immenso parco di automezzi. Così la casta, quei signori che molto spesso sentiamo nei talk show televisivi dispensare soluzioni politiche e piani industriali e finanziari prodigiosi, risolutivi di tutti i guai d’Italia, sempre a svantaggio dei più deboli, capirebbe cosa significa doversi mantenere a proprie spese vizi e privilegi che oggi sono tutti a nostro carico. Detto questo ritengo che l’istituto del “licenziamento” vada esteso a tutta la classe politica, deputati e senatori compresi, così come nei confronti dei manager pubblici e di quanti vengono nominati presso le decine di migliaia di enti pubblici. Questa misura si dovrà applicare nei confronti di chiunque subisca condanne o venga “pizzicato con le mani sporche di marmellata”. Oltre alla perdita dei diritti o benefici acquisiti, vitalizio compreso, non dovranno più essere candidabili o nominabili per un pubblico incarico. Solo dopo la realizzazione di queste misure che a me paiono eque e di buon senso, credo che si potrà prendere in seria considerazione l’idea di modifica dell’articolo 18.
Tullio Matarazzo
Condove
Un invito ai pendolari della media valle Susa (Sant’Ambrogio/Bruzolo)
Alcuni anni fa ho dato vita, insieme ad alcuni di voi, al comitato pendolari Media Valsusa: territori compresi fra Sant’Ambrogio e Bruzolo. Sono stato incaricato a rappresentare lo stesso per la conoscenza che ho della materia in quanto, all’epoca operatore del settore, affiancato per questo incarico, dal mio amico e collega Mauro Davì. In questi anni, compatibilmente con i miei impegni mi sono fatto portavoce, presso l’Agenzia Metropolitana per la Mobilità e presso tutti gli enti e le istituzioni in cui si parlava di trasporto locale, delle istanze e delle criticità da voi segnalatemi. Consapevole dei gravi disagi che i pendolari giornalmente subiscono, mi sono sempre speso per cercare di portare a risoluzione le criticità da voi indicatemi suggerendo modifiche agli orari e proponendo soluzioni ai vari problemi, compresa la questione delle coincidenze con i treni interregionali a Torino e di quelle verso l’alta valle a Bussoleno; abbiamo inoltre più volte elaborato e proposto dei programmi orari alternativi per la nostra linea. Molte segnalazioni e proposte presentate all’agenzia metropolitana, singolarmente o in concorso con gli altri comitati, hanno ottenuto risultati positivi sia in termini del miglioramento della qualità del servizio che in ragione della quantità treni, così come per il numero delle fermate nelle stazioni intermedie dei nostri territori. Tante sono le cose da fare e parecchie sono le energie che occorrerà mettere in campo per cercare di risolvere le numerosi questioni ancora oggi irrisolte e quelle che inevitabilmente si ripresenteranno. Faccio un esempio da non sottovalutare per le ripercussioni gravi e peggiorative, del trasporto su rotaia, che si avranno non appena il piano dell’Agenzia Metropolitana per la Mobilità andrà in vigore. L’Agenzia, intende attuare un progetto denominato Sistema Ferroviario Metropolitano il quale, quando andrà a regime, farà si che la metà dei treni pendolari NON fermerà più nelle stazioni fra Sant’Ambrogio e Bruzolo. Questo significa che per usufruire dei treni che NON fermeranno nelle nostre stazioni occorrerà recarsi con mezzi propri ad Avigliana o a Bussoleno; un disagio enorme per pendolari e studenti e per quanti devono spostarsi per raggiungere i servizi e gli uffici pubblici dislocati in tutta la valle. In questi anni ho sempre tenuto separate la politica e il comitato così da poter assumere liberamente posizioni critiche indipendentemente dall’interlocutore politico del momento. Per continuare a dar voce a chi il treno lo usa quotidianamente per lavoro o studio, per riuscire a portare avanti le istanze dei pendolari/clienti presso gli enti e gli organismi che gestiscono il trasporto locale è necessario che nuove energie entrino a far parte del comitato in maniera tale da allargare la base attiva che intende occuparsi delle problematiche del trasporto pubblico locale. Invito chiunque voglia dare il proprio contributo a contattarmi via Email al seguente indirizzo: t.matarazzo@inwind.it
Grazie.
Tullio Matarazzo
Sempre più insistentemente ci sentiamo riproporre da politici, economisti e tuttologi, la questione dell’innalzamento dell’età pensionabile e di altre varie modifiche indispensabili per riequilibrare i conti dello stato e uniformare il nostro sistema previdenziale a quello di altri stati europei; tutta gente questa, che non ha mai svolto attività lavorative manuali e di fatica. A loro dire negli anni a venire le casse dellom stato ne trarrebbero notevoli benefici, ragion per cui il sistema previdenziale va assolutamente riformato. Come se le origini di tutti i guai dell’Italia siano attribuibili unicamente al sistema previdenziale dei lavoratori dipendenti che pagano regolarmente tutto il dovuto, contributi previdenziali e tasse, trattenuti direttamente dalla retribuzione, ancor prima di riscuoterla. Ora, dal momento che l’aspettativa di vita di ciascuno è innegabilmente aumentata, ragionare sulla necessità di armonizzare il sistema previdenziale a questa nuova condizione potrebbe non essere un tabù. Ciò detto, occorrerebbe adeguare in pari tempo anche tutti i servizi di cui godono i cittadini europei a cui si fa sempre riferimento. In poche parole tutto quanto è necessario per poter chiedere ad un lavoratore di prolungare la permanenza in attività, dal momento che non si possono prendere a riferimento solo gli aspetti previdenziali di altri paesi meno favorevoli, rispetto al nostro, e ignorare totalmente gli aspetti positivi di cui questi godono. Solo dopo, o comunque contemporaneamente alla riduzione del numero dei parlamentari, all’abolizione delle province e delle migliaia di enti inutili, voraci consumatori di consulenze affidate agli amici degli amici, solo dopo l’abolizione di tutti questi enti in cui vengono sistemati politici trombati e/o a fine carriera, solo dopo tutto questo, apparirebbero un po’ più credibili. Anche se ci viene raccontato che il risparmio sarebbe minimo, quasi trascurabile, incomincino a farci vedere come si può risparmiare, nel modo in cui farebbe un buon padre di famiglia. E non corrisponde al vero che la riduzione del numero dei consiglieri comunali dei piccoli comuni porti vantaggio ai bilanci degli stessi, dal momento che i consiglieri di questi comuni non percepiscono alcun compenso. Questi provvedimenti, presentati come miracolistici, sono in realtà espedienti esclusivamente demagogici. Solo dopo averci dimostrato di essere un po’ più uguali a noi cittadini di strada e un po’ meno casta, l’idea di riforma delle pensioni potrebbe essere meno incomprensibile: essendo che l’imposizione fiscale in Italia è la più alta fra tutti i paesi a cui sempre si fa riferimento. A tal proposito finanche il vitalizio dei parlamentari attualmente percepibile dopo un solo mandato, dovrebbe seguire lo stesso procedimento di calcolo utilizzato per i lavoratori dipendenti. Vale a dire che dovrebbe potersi incassare solo al raggiungimento dei quaranta anni di lavoro e di contribuzione e comunque solo il raggiungimento dell’età pensionabile, come previsto per i lavoratori dipendenti. Solo allora diventerebbe proponibile una radicale trasformazione del sistema previdenziale, in maniera tale da poter assicurare anche ai nostri figli una dignitosa pensione.
Tullio Matarazzo
Condove